Vanzago, Milano

1999/2002

Progetto

Angelo Torricelli
con
Mariateresa Rampi
Carla Scotti Viganò

Collaboratori

Gianluca Sortino
Marco Robecchi (strutture)

Fotografie

Stefano Topuntoli

L’esigenza di costruire una villa è – come sostiene James S. Ackerman – fondamentalmente ideologica; ne deriva per un verso che “il programma di base della villa è rimasto inalterato per oltre duemila anni”; d’altra parte che la villa è “il prodotto tipico della capacità creativa di un architetto e ne documenta la modernità”.

Così il fatto stesso di denominare “villa” un piccolo edificio residenziale rende esplicita la dichiarazione, assumendo un preciso senso evocativo.

Dunque se, riprendendo Ackerman, la villa comunemente “si sforza di essere il paradigma dello stile architettonico più attuale”, si può affermare che quella qui illustrata propone l’attualità di un’architettura autonoma, che incorpora ed esprime i caratteri più generali della città e del territorio, estraniandosi dall’intorno immediato.

La sua forma è compatta e conclusa in se stessa, proprio perché questo edificio semplicemente convive con la periferia metropolitana, diffusa in modo indistinto. Così il carattere consiste nella realtà della costruzione, nel rigore e nella coerenza con i “materiali” della tradizione lombarda e dell’architettura moderna.

La differenziazione delle fronti verso il giardino e verso la via di accesso definisce due volti: il pubblico e il privato. L’impianto geometrico regola la sistemazione dello spazio esterno e definisce le superfici ricoperte da manto erboso rispetto a quelle lastricate in pietra di Luserna.

Un corpo a “L”, con muratura in mattoni a vista e copertura piana, stringe e avvolge parzialmente un parallelepipedo a base rettangolare con muri intonacati e copertura in rame a falda unica. L’unione di queste due parti è sancita, oltre che dalla distribuzione interna, anche dalla lunga balconata con ringhiera in ferro, rivolta verso il giardino, che corre continua per tutta la lunghezza del corpo intonacato e penetra in quello di mattoni.

La massa in laterizio è ritmata da tagli verticali e da vuoti rettangolari scavati nel forte spessore di un muro attrezzato, all’interno del quale è contenuta l’apertura delle persiane metalliche.

Nella facciata verso strada la serie di piccole finestre che illuminano i servizi è affiancata dal vano di apertura degli ingressi, che si rende esplicitamente protagonista come figura fuori scala. Nel lato verso il giardino si contrappongono il volume pieno del corpo in mattoni, le grandi finestre dei soggiorni e il portico a tutta altezza che comprende le zone notte.

Ciascun alloggio è tripartito: ha come centro il soggiorno passante, sul quale si aprono da un lato la zona della cucina e della sala da pranzo, dall’altro i disimpegni delle camere con i relativi servizi contenuti in una fascia di profondità costante.

Le grandi vetrate dei soggiorni definiscono le soglie ove il limite fra interno ed esterno si fa più labile: qui il giardino entra direttamente nell’abitazione. Dalle stanze lungo il portico, invece, la percezione dello spazio aperto diviene filtrata, ritmata dai pilastri in stucco marmorino, le cui sagome, distanziate dal balcone, proseguono ininterrotte fino alla copertura.

Pubblicazioni

Villa a Vanzago nell’Alto milanese, Cento progetti, Osservatorio sulla costruzione italiana, in “d’Architettura”, n.21, settembre 2003;
A. Torricelli, Villa a Vanzago nell’Alto milanese, in “d’Architettura”, n.23, maggio 2004;
A. Torricelli, Villa a Vanzago nell’Alto Milanese, in A. Torricelli., Identità dell’architettura italiana, Diabasis, Reggio Emilia 2009

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